In un palazzo di giustizia preso d’assalto da telecamere e fotografi è iniziato il processo d’appello a carico di Massimo Bossetti. Camicia bianca e jeans, dimagrito, in aula l’uomo, che in primo grado è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara, ha stretto per pochi secondi le mani della moglie, Marita Comi. Presenti anche la mamma, Ester Arzuffi e la sorella gemella Laura. Per il procuratore generale di Brescia Marco Martani la sentenza ha una motivazione ineccepibile. E’ logica e coerente anche con le relazioni dei consulenti. E sulla richiesta della difesa di sentire il gestore della società con sede in Israele che si occupa di fabbricazione di dna, il procuratore è stato netto definendola una richiesta al limite del grottesco, giustamente respinta, che sottende accuse gravissime al Ros dei carabinieri. Infine secondo Martani è inutile indagare su eventuali relazioni extraconiugali di Giuseppe Guerinoni, padre biologico dell’imputato, perché se anche ci fossero altri figli naturali, il dna può essere identico solo tra due fratelli gemelli omozigoti. I legali di Bossetti invece hanno depositato una fotografia satellitare che dimostrerebbe come il cadavere di Yara non sia rimasto per 3 mesi nel campo di Chignolo d’Isola dove poi è stato ritrovato. A seguire l’udienza anche tanti curiosi che si sono messi in fila dall’alba.