Le indagini ripartono dai vestiti che Daniela Roveri indossava la sera in cui è stata uccisa, il 20 dicembre 2016, a Colognola. O almeno la speranza è che una traccia utile possa essere isolata dal Ris di Parma a cui sono stati mandati tutti gli abiti a ottobre. L’assassino potrebbe aver lasciato un’impronta? Gli esperti stanno analizzando il cappotto, i pantaloni, gli stivaletti rossi e anche il maglione. Dopo più di un anno la soluzione del giallo è affidata dunque alla scienza. Resta infatti un mistero chi l’abbia uccisa, all’ingresso della sua abitazione di via Keplero, con una coltellata alla gola mentre rientrava dopo una giornata di lavoro. Già la polizia scientifica era riuscita a isolare sia sulla guancia che sull’indice della donna una traccia biologica che potrebbe appartenere alla stessa persona. Il problema è che era stato possibile estrarre solo l’aplotipo y, cioè non un profilo genetico completo ma un elemento che indica la discendenza paterna e dunque comune a molte persone. Una traccia insomma ma non sufficiente. Inoltre lo stesso aplotipo era stato individuato su un guanto in lattice lasciato fuori dalla casa di Gianna Del Gaudio, la donna uccisa nell’estate del 2016 a Seriate, sempre in provincia di Bergamo. Ecco allora che il lavoro del Ris punta anche a capire se si possa isolare un profilo più completo dalle tracce di Colognola così da poterlo confrontare con quello di Seriate per escludere o confermare che si tratti della stessa persona. Ma anche capire se sui vestiti di Daniela Roveri ci siano nuovi profili genetici. Sul fronte delle indagini tradizionali invece nulla è emerso su un amico della palestra, né sui colleghi o sui vicini di casa. Torna dunque a farsi strada l’ipotesi della rapina finita male supportata dal fatto che sia sparita la borsetta. Un’ipotesi però che era stata inizialmente abbandonata perché la convinzione degli inquirenti è che abbia agito un professionista capace di uccidere e scappare senza lasciare tracce.