Le ferite alle mani, segno che Giulia ha tentato di difendersi dal padre assassino. La coltellata alla gola della moglie Stefania, lei, il primo obiettivo.
Col passare delle ore sul duplice delitto di Samarate emergono nuovi dettagli. L’autopsia sui corpi delle vittime ha rilevato, da una parte, abrasioni sulle mani della 16enne, dall’altra, un fendente alla gola della donna. Elementi che disegnano in modo sempre più netto quella notte di orrore, quando Alessandro Maja, architetto di 57 anni, ha impugnato un cacciavite e un martello e nella notte tra il 3 e il 4 maggio scorsi, mentre dormivano, ha ucciso prima la moglie e poi la figlia, riducendo in fin di vita anche l’altro figlio, il primogenito Nicolò di 23 anni.
Quest’ultimo si è salvato solo perché il padre lo credeva morto: ora si trova ricoverato nell’ospedale di Varese. Le sue condizioni restano ancora gravissime.
Un massacro che non ha un perché. Dietro potrebbe esserci lo spettro della povertà, diventato, per l’architetto con uffici sui Navigli e molto noto a Milano, un’ossessione, tanto da litigare spesso in famiglia proprio per le spese, ritenute da lui, eccessive. E poi quel fondo patrimoniale, costituito con la moglie nel 2018 e che avrebbe destinato tutti gli utili dell’azienda alla famiglia. Oppure un prestito che non era più in grado di onorare. Insomma il movente dei soldi, uno dei dubbi che gli inquirenti attendono ancora di poter chiarire. L’uomo non è stato interrogato perché ricoverato nel reparto di psichiatria a Monza. Lui, che poco dopo il delitto, diceva di sé: sono un mostro. Lui che al suo avvocato ha confidato: tutto questo non doveva accadere.