Da una parte bambine tra i 10 e i 13 anni. Dall’altra un finto 14enne, in mezzo decine di messaggi WhatsApp. Chat avviate dal cellulare per convincere le ragazzine a spogliarsi o a compiere atti sessuali da lui, che si presentava come poco più grande, ma che in realtà era un 30enne di Milano.
Una brutta storia di pedofilia con al centro un uomo: lavoro stabile, una fidanzata, un insospettabile dalla doppia vita. Nel computer gli investigatori hanno trovato qualcosa come 177 foto di un ragazzino adolescente. Immagini utilizzate per crearsi il falso profilo. Molte di più erano, però, le fotografie delle bambine, tutte ritratte senza vestiti.
A far partire l’inchiesta, la denuncia della famiglia di una delle vittime. Una giovanissima che, appariva sempre più turbata e che per questo era finita in cura da uno psicologo. E’ stato proprio l’aiuto dello specialista che ha permesso alla bambina di raccontare la brutta esperienza.
Il pedofilo è prima finito in carcere poi ai domiciliari con 40 capi di imputazione. Tra questi dovrà rispondere di detenzione e cessione di materiale pedopornografico. Gli inquirenti gli contestano anche la violenza sessuale aggravata dalla minore età della vittima benchè avvenuta on-line e dunque virtuale.
A disporre i domiciliari, il tribunale del Riesame. Decisione contro la quale la procura di Milano si è già opposta, sottolineando il rischio di lasciare un pedofilo, abile con la tastiera del pc, in casa da solo.