Quando ha chiesto dov’era finito Cristian, uno degli invitati, certamente lei non poteva immaginare che quella risposta tanto assurda quanto macabra, fosse vera. “E’ lì, nello sgabuzzino”. E nello sgabuzzino c’era per davvero Cristian. Chiuso nella valigia: i capelli che uscivano, il sangue che grondava.

Particolari agghiaccianti quelli che emergono col passare delle ore sul delitto commesso a Milano, nel quartiere Bovisasca. Una brutta storia cominciata con la segnalazione di un incendio, un corpo fatto a pezzi e carbonizzato tra l’immondizia di via Cascina dei Prati, e finita con l’arresto di tre persone. Colombiane come la vittima e che ora dovranno rispondere di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere. A parlare è la super testimone che ha permesso di chiudere le indagini. Lei, come i tre arrestati e la vittima, era presente alla festa che si stava svolgendo in questa villetta, in via Carrà, non lontano da dove poi sarà ritrovato il corpo. La polizia ci arriva notando le macchie di sangue in cortile: il resto lo farà la collaborazione del quartiere e lei, la teste chiave.

Tra le lacrime racconterà di essere stata costretta a lavare i vestiti degli assassini sporchi di sangue. “Li ho messi in lavatrice poi li ho stesi sulla ringhiera”.

Ora l’indagine del pubblico ministero Paolo Storari punta a ricostruire il movente, legato quasi certamente a vecchi rancori, ma soprattutto all’esatta dinamica dei fatti. Importante questa, per attribuire i ruoli esatti ai tre. Anche perché, nell’attesa che arrivi il terzo uomo arrestato a Parigi, i due, detenuti a Milano, hanno già iniziato a rimbalzarsi le responsabilità di quella notte d’orrore.