Un omicidio efferato, crudele ma non pianificato. La Corte d’Appello di Milano rivede così l’assassinio di Giulia Tramontano, massacrata con 37 coltellate da quello che all’epoca dei fatti era il fidanzato, Alessandro Impagnatiello. All’uomo, ex barman 32 anni, è stato confermato, anche in secondo grado, l’ergastolo ma escluso l’aggravante della premeditazione. Le motivazioni della sentenza arriveranno il 15 settembre ma intanto fa da sfondo ciò che dice la Cassazione. Per la Suprema Corte il proposito omicida c’è quando risulta radicato e persistente e quando tra la decisione di uccidere e il delitto vero e proprio trascorre un apprezzabile intervallo temporale. Quel 27 maggio del 2023, giorno del delitto, alle 15 Impagnatiello capisce di essere stato sbugiardato dalle due donne, la fidanzata e l’altra, alle 19 copie il delitto. 4 ore tra la causa e l’effetto: poche per la giustizia per parlare di premeditazione. Mentre i familiari in aula ascoltano attoniti la decisione dei giudici, prende corpo quanto detto in aula dalla difesa. Se Impagnatiello avesse davvero premeditato l’omicidio, lo avrebbe organizzato meglio. La benzina per bruciare il corpo l’avrebbe comprata prima e non dopo il delitto. Il topicida, somministrato per mesi, era destinato a provocare un aborto non ad uccidere la donna e quel tappeto, non sarebbe stato spostato in casa per evitare che si sporcasse di sangue ma per le pulizie, come d’abitudine. In aula, anche lui, Alessandro Impagnatiello, camicia a quadri, volto impassibile, ascolta la sentenza mentre la sorella di Giulia, assente, consegnava ai social tutta la sua rabbia.