Mio marito non è stato protetto. Queste le parole ai nostri microfoni della moglie di Luca Attanasio, l’ambasciatore assassinato in Congo oltre otto mesi fa. Le indagini proseguono, ma ad oggi non è ancora emersa la verità su quanto successo quella mattinata costata la vita anche ad altre due persone. Sono passati più di otto mesi dall’attentato mortale costato la vita al nostro ambasciatore in Congo Luca Attanasio, 43 anni, originario di Limbiate e padre di tre bambine avute dalla moglie Zakia Seddiki, fondatrice e presidente dell’associazione umanitaria ‘Mama Sofia’, che aiuta i bambini di strada della Repubblica democratica del Congo. Sulla morte dell’ambasciatore, del carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del convoglio Mustapha Milambo, non ci sono state ancora risposte precise da parte delle autorità che stanno lavorando sotto traccia tra mille difficoltà e qualche silenzio imbarazzante. Attanasio quel maledetto 21 febbraio 2021 si stava recando con altre sei persone nel Kivu, una regione del Congo, ospite del PAM, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Ebbene, quelle stesse persone che dovevano proteggerlo, non l’hanno fatto e il convoglio su cui viaggiava Luca è stato vittima di un vero e proprio agguato da parte di criminali che in un tentativo di rapina hanno fatto fuoco e ucciso tre persone. Il padre di Luca, Salvatore, non più tardi di qualche giorno dalle colonne de “La Repubblica”, ha voluto lanciare un chiaro messaggio alle autorità italiane affinché riescano a scalfire quel muro eretto dall’Onu che dovrebbe dare risposte più precise su ciò che è successo veramente quella mattinata e il motivo per cui l’ambasciatore Luca Attanasio non sia stato protetto a sufficienza.