· Una sfida tra bande, una faida innescata dalle minacce via social, dai gruppi Telegram, dalle chat di Whatsapp. Simone Stucchi, il ragazzo che ha perso la vita dopo la rissa di Pessano del 29 settembre scorso , per cui sono state arrestate ieri 24 persone, era finito in un gioco infernale, a colpi di “Non ho niente da perdere”, “Ti sbatto la faccia sul cemento e ancora “E’ arrivata la tua ora, portati una spranga”. Sono queste le conversazioni che hanno preceduto il regolamento di conti fissato quella sera nei dintorni del parchetto Giramondo di Pessano con Bornago, tra il gruppo dei vimercatesi e quello dei locali.
La sfida viene lanciata attraverso messaggi chiari e precisi: Stasera vieni, si risolve e finisce lì. Aspettami che ti ho organizzato una bella sorpresa, ti mandiamo in coma stasera. Alle 23.30 di quella sera le due fazioni si sono ritrovate e a colpi di bastoni, bottiglie e sampietrini si sono sfidati per uno sgarro di qualche tempo prima, per una manciata di soldi falsi transitati da una banda all’altra per un po’ di hashish. Una guerriglia organizzata, sfociata nell’omicidio di Simone Stucchi, colpito da una coltellata all’addome. Chi ha ucciso il 22 enne di Vimercate l’ha afferrato al collo e l’ha pugnalato all’altezza delle costole. Dopo il colpo l’avrebbero anche preso a calci per infierire. Nelle chat tutta la brutalità e la violenza, che non si ferma neppure quando, l’indomani, si viene a sapere che il ragazzo non ce l’ha fatta. “Minchia, comunque alla fine quello lì è secco, bro” – commenta ridacchiando uno dei protagonisti di quella rissa armata finita in tragedia, come si poteva intuire da quelle conversazioni cariche di odio e violenza.

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