“Ormai il mestiere della psicoterapia è molto più diffuso: quando ho iniziato o si stava negli ospedali psichiatrici, dove si vedevano i pazienti psicotici che le famiglie non sapevano come trattare, oppure avevamo disturbi ansiosi, erano tutti convinti di essere malati di cuore e arrivavano con 500 elettrocardiogrammi. Adesso si sa bene che tutta questa sofferenza psicologica ha un nome e la domanda la si considera legittima anche in persone meno psicologicizzate. Questo è esploso anche dopo il Covid: la sofferenza mentale che c’è stata in questo isolamento è come se avesse “slatentizzato”, il diritto a soffrire psicologicamente e il diritto a chiedere aiuto per questo come posso chiedere aiuto per altri tipi di disturbi”. Lo dice a Nova la professoressa Sandra Sassaroli, Fondatrice e direttrice di “In Therapy”.  

“In therapy – spiega – è un esperimento curioso e abbastanza avveniristico, abbiamo tanti centri, soprattutto nel Nord Italia e proponiamo una terapia, on line o dal vivo, in cui facciamo una diagnostica di tutte le persone che ci telefonano, diamo un referto come se fosse su un dolore cardiaco: il paziente, a quel punto, sa qual è la domanda e qual è il disturbo di cui soffre. Noi diciamo come funziona e come il suo funzionamento lo danneggia”. “A quel punto, dopo alcuni questionari e test, viene inviato al terapista adatto al suo disturbo. Noi terapisti -sottolinea – non siamo i più bravi in tutto, ognuno di noi ha approfondito certi tipi di disturbi: se mi arriva un paziente su cui ho più visto pazienti è più facile che possa fornire un trattamento efficace. Durante la terapia questo trattamento viene monitorato. Quando noi chiedevamo la terapia ricordo che vidi due o tre persone e andai da quella che mi sembrava più simpatica, ma io non so se quel modo è stato il modo giusto per scegliere. Oggi diciamo che su questo si può andare avanti”.