Da una parte la passione per il calcio dall’altra quella per gli affari.
Era questo Marco Melluso, 39 anni, ex calciatore, allenatore della Castanese, squadra di Castano Primo. Oggi ai domiciliari per “ emissione e utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ed autoriciclaggio”. Nelle intercettazioni, gli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia lo ascoltano mentre parla di “affari”.
“Coi campi da padel ti fai i soldi”, dice al telefono con un amico. E lui di padel si intendeva: per gli inquirenti avrebbe investito 700mila euro nella costruzione di otto campi. Tutti abusivi, nel centro sportivo comunale Sant’Ambrogio, in via De Nicola, quartiere Barona di Milano. Ora, sotto sequestro.
Un nome importante quello di Molluso: nipote dei boss Giosofatto e Francesco, entrambi condannati per associazione mafiosa. Da anni residenti a Buccinasco, storico rifugio dei clan dell’Aspromonte.
A gestire l’impianto della Barona erano i fratelli Gatti, già noti nella gestione dei centri sportivi milanesi e dei campi da calcio. Non indagati ma comunque finiti nelle intercettazioni della Dia. Quando i vigili sequestrano i campi da padel Paolo Gatti si lamenta con l’assessore allo Sport del Comune di Milano, Martina Riva.
“Non abbiamo costruito nulla se non convertire un campo a sette in campi da padel, punto. Lo fanno tutti a Milano”, dice lui.
Dall’altra parte l’assessore: “ Sì, sì”. Poi, lo sfogo finale di lui: “ Sappi Martina che io sono stremato. Poi ieri è arrivata l’urbanistica, sembrava fossi un delinquente…”.
Una conversazione nella quale non c’è nulla di perseguibile, la Riva non è indagata, così come non lo sono i fratelli Gatti. Quest’ultimi nell’inchiesta figurano “solo” come coloro che hanno fatto entrare nell’affare Marco Molluso che resta l’unico indagato e finito ai domiciliari.
Già, nulla di perseguibile ma resta il “modus operandi”: “un sistema illecito che da aree imprenditoriali numerose e diverse arriva fino alla gestione degli spazi pubblici”.