Ancora pochi giorni e per il piccolo Enea si aprirà l’iter che lo porterà verso una nuova casa. Il bambino, che si trova presso la Clinica Mangiagalli dal giorno di Pasqua, quando è stato lasciato dalla madre nella Culla per la Vita, si prepara ad avere una nuova famiglia. Per ora, sono i medici ad averlo, metaforicamente, adottato ma, entro un mese, secondo quanto prevede la legge, avrà una mamma e un papà.
Lui sta bene così come la piccola che qualche giorno dopo ha avuto la sua stessa sorte. Una bambina consegnata ai dottori del Pronto Soccorso dell’ospedale Buzzi. A lasciarla la madre che, dopo averla partorita in un edificio abbandonato nella periferia milanese, non ha voluto riconoscerla. “Non possiamo tenerla”, avrebbero detto lei e il padre, arrivato poco dopo.
Storie di abbandono, storie di scelte difficili. Storie di donne che avevano diritto a restare nell’ombra e che invece sono finite, loro malgrado, sotto i riflettori. Per il piccolo Enea gli appelli a ripensarci hanno creato non poche polemiche; per la bambina del Buzzi, lasciata dalla madre senza darle un nome, nessun appello pubblico ma non per questo meno interrogativi. Sullo sfondo restano i dati, quelli del Tribunale dei Minori: su 3mila abbandoni, 400 sono quelli in ospedale, gli altri vengono lasciati nei cassonetti, per strada o davanti a un pronto soccorso. Nessuno potenziale genitore però è mai tornato sui propri passi.