“La morte della giovane Sana ha scosso dal profondo il nostro Paese”.
Parte da qui, da queste parole scritte prima su Twitter e poi in una lettera, l’accorato appello del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Chiede, il Primo ministro Italiano, che si faccia chiarezza sulla morte di Sana Cheema. 25enne italo-pachistana portata via da Brescia nell’aprile del 2018 e uccisa nel suo Paese d’origine per aver rifiutato le nozze combinate dalla famiglia. A far intervenire il governo italiano la notizia dell’assoluzione in Pakistan dei parenti. Il padre, lo zio, il fratello prima confessarono l’omicidio della ragazza, salvo poi ritrattare tutto, e ora sono stati completamente prosciolti, “per mancanza di prove”, scrive il tribunale di Guirat nelle motivazioni.
Uomini liberi, a cui l’Italia dice no. Troppo forte, nel nostro Paese, il ricordo di questo giovane sorriso, che sognava una vita all’occidentale.
Sana era cresciuta nel nostro Paese. Dal 2017 era diventata cittadina italiana. Aveva un fidanzato e un lavoro. Il 19 aprile sarebbe dovuta tornare a Brescia, dove aveva gestito un’agenzia per pratiche automobilistiche e dove sognava di aprirne una tutta sua. I suoi progetti si interrompono quando, in Pakistan, viene ritrovata morta. Strangolata, dirà l’autopsia. Tre mesi di processo e questo dettaglio svanisce. La sua morte resta senza colpevoli.