Ci siamo svegliati ieri che dal suo profilo Instagram si leggeva questo: “Prego, Italia”. Questa volta non è il campo, questa volta attorno a lui non ci sono gli 80 mila di San Siro e non si elevano i fischi dei tifosi avversari. Zlatan Ibrahimovic “scende in campo” al cinema, lo fa per conquistare tutti. “ZLATAN” è realtà: è disponibile nelle sale di tutta Italia a partire da oggi, giovedì 11 novembre, per vivere, e far vivere, il percorso che ha portato l’attaccante del Milan ad entrare nell’élite del calcio mondiale. Diretta dal regista Jens Sjogren, tratta dal libro “Io, Ibra” scritto nel 2011 da David Lagercrantz e dallo stesso giocatore, la pellicola – distribuita da Lucky Red – ripercorre quel periodo della vita di Ibrahimovic dall’infanzia al successo, che gli consentirà di sbarcare nel nostro campionato. A Dominic Andersson Bajraktari il compito di interpretare l’Ibrahimovic bambino: quello che versava lacrime di gioia quando trovava la figurina di Marco Van Basten, ma che al campetto dei sobborghi con gli amici non aveva paura di nulla e tornava a casa con lividi e ferite, oppure che a scuola non ne voleva proprio sapere di studiare tanto da aver bisogno di un insegnante di sostegno. Nel rapporto coi genitori, in quello con le insegnanti, e in quello con i compagni e i primi allenatori nella squadra del Balkan, dove muoveva i primi passi da “giocatore”, si intravedono già le sfumature dello Zlatan che di domenica in domenica regala ancora temi di discussione ai calciofili del Belpaese.
Lo Zlatan del successo, che arriva a brillare nell’Ajax di Ronald Koeman e che richiama su di sé l’interesse del calcio che conta, è interpretato da Granit Rushiti. Le espressioni, gli atteggiamenti, soprattutto la risata sempre tesa, quasi come a voler mostrare sempre un minimo del suo lato da duro, somigliano eccome a quelli del giocatore che ormai tutti conosciamo. Sul campo, per come “parla” con i piedi, fuori dal campo, per quello che fa: mai scontato, mai banale. Zlatan arriva a giocarsela al Malmo, non mancheranno competizioni, liti e addirittura una raccolta firme per espellerlo definitivamente dalla squadra. La crescita sul campo, che a tanti già dava il sentore che lo avrebbe portato al successo, non migliorava la vita del ragazzo: a casa la situazione era difficile da sostenere, il furto di biciclette era all’ordine del giorno. Gli unici che riescono a “normalizzare” Ibrahimovic sono gli amici del quartiere.
Dal grande schermo emergono i gol dello Svedese, i primi, mai banali su campi in terra battuta. Arriverà a farne 8 in una sola partita. Non solo: la voglia di essere protagonista sempre, senza mai accettare la panchina. Poi l’arrivo in prima squadra nell’MFF (così in Svezia chiamano il Malmo), la serpentina al NAC Breda con la maglia dell’Ajax e un telefono che squilla: è quello di Mino Raiola, dall’altra parte c’è Luciano Moggi. Il resto è storia: che tutti conosciamo, che Zlatan Ibrahimovic non ha ancora finito di scrivere. Grazie, Zlatan.