Una quindicina di animalisti hanno protestato per tutta la giornata davanti alla fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo, sede dell’esperimento giudiziario, caso unico in Italia. Un piccolo maialino, già morto, è stato gettato in questo forno per verificare tutte le possibili conseguenze, per verificare insomma se quella sera dell’8 ottobre 2015, nella fonderia di Marcheno, fosse possibile far sparire nel forno il corpo di Mario Bozzoli, per al cui scomparsa è imputato nel processo a Brescia il nipote Giacomo, presente anche lui all’esperimento.
Che cosa si voleva dimostrare con questo esperimento ?
1 – Diversamente a ciò che pensavano i periti del primo filone dell’inchiesta, non c’è stata alcuna esplosione una volta immerso il maialino nel crogiuolo di metallo fuso, né prima quando è stato adagiato sulla graticola.. Ciò significa che, nel caso in cui il povero Bozzoli fosse stato gettato davvero nel forno quella sera, non vi sarebbe stata alcuna esplosione.
2 – La fumata anomala alla Bozzoli di Marcheno. Come si ricorderà, quella sera ci fu una fumata strana circa 10 minuti dopo la scomparsa di Mario. Ebbene, con il maialino immerso nel bagno di metallo fuso la fumata è apparsa biancastra che si è diffusa per qualche breve istante all’interno del capannone, ma non fuori.
3 – Gli odori. All’esterno della fonderia si avvertiva a tratti un forte odore acre di carne bruciata. Non in tutte le zone, grazie all’impianto di aspirazione della ditta Gonzini. Secondo la difesa l’odore era forte e nitido anche all’interno mentre quella sera, ricordano i legali di Giacomo, nessuno avvertì quel deciso odore. E’ anche vero che l’8 ottobre 2015 uno dei due figli di Mario arrivò in fonderia ben 4 ore dopo quella famosa fumata anomala e in quel lasso di tempo gli aspiratori avrebbero potuto smaltire tutti i fumi e gli odori.
I Ris di parma nel 2016 scrissero: in quel forno non c’era alcun tipo di sostanza chimica che potesse essere ricondotta alla presenza di resti umani. Ora, in questo esperimento su scala ridotta, è stato prelevato un campione di DNA prima dell’immersione per poi ricercarlo eventualmente nelle scorie della carcassa carbonizzata. Ora si attendono nuove risposte per cercare di capire se la prima ipotesi, ovvero quella del forno, possa essere ancora quella più plausibile per un mistero lungo oltre 6 anni.