1286 giorni in carcere: un’ingiusta detenzione di cui ora Stefano Binda, chiede il conto. Tradotto circa 300mila euro di indennizzo per i giorni trascorsi dietro le sbarre.
Era l’alba del 15 gennaio del 2016 quando fuori dalla sua villetta di Brebbia la polizia lo attendeva per arrestarlo con l’accusa di aver ucciso Lidia Macchi, la giovane trovata senza vita nei boschi di Cittiglio, nel varesotto, nel gennaio del 1987.
Da lì, i titoli dei giornali, le telecamere: il suo nome legato a un caso che si chiudeva dopo quasi 30 anni. Un clamore mediatico finito con l’assoluzione.
Una richiesta a cui la Procura Generale si è opposta e su cui pesa la decisione, fra circa dieci giorni, della V sezione penale d’appello.
Lui, 53 anni, sacrista nella chiesa del paese attende ma non dimentica quei tre anni e mezzo trascorsi dietro le sbarre.