Lucida, a tratti serena. Dal carcere di San Vittore dove è detenuta con l’accusa di aver fatto morire di stenti la figlia di soli 18 mesi, Alessia Pifferi sembra non essere più quella donna fredda come era apparsa nell’interrogatorio di garanzia, quando parlava della piccola Diana, come di un “peso” sulla sua vita.
Nel processo, fondamentale sarà chiarire se la donna, prima di abbandonare la figlia nell’appartamento a Ponte Lambro, l’abbia sedata. Se, cioè, nel latte ci fossero gocce di quel tranquillante trovato a casa. Un elemento che, se confermato, spiegherebbe perché nessuno dei vicini abbia sentito la piccola piangere. Dall’altro lato peggiorerebbe la posizione della donna che si vedrebbe riconosciuto così l’aggravante della premeditazione. Una vicenda segnata anche da un forte impatto emotivo, la donna è stata lasciata sola, dalla madre e dal compagno col quale trascorse quei sei giorni fatali alla bambina, ma anche complicata. La donna ha rivelato l’identità del padre della piccola che sarà rintracciato dagli inquirenti per l’esame del DNA.