Una telefonata tra Giorgia Meloni e Viktor Orban. Il caso di Ilaria Salis, la 39enne di Monza detenuta a Budapest per aver aggredito due estremisti di destra, passa ora anche dai rispettivi premier dei due Paesi coinvolti: Italia e Ungheria. Una telefonata già programmata in vista del Consiglio straordinario europeo del primo febbraio ma che non ha potuto non considerare la vicenda della donna monzese, insegnante in una scuola elementare di Milano.
Le sue immagini, legata mani e piedi, tenuta con una catena da una guardia mentre affronta la corte ungherese hanno fatto il giro del mondo, finendo così anche sul tavolo della premier. Stretto riserbo su cosa si siano detti i due capi di governo, quel che filtra è che certamente si è trattato di un dialogo nel pieno rispetto della diplomazia. Intanto col passare dei giorni emerge il profilo di questa donna. Fino a un anno fa sconosciuta, balzata agli onori della cronaca nel febbraio scorso quando, durante una manifestazione di estrema destra a Budapest, viene arrestata con laccusa di lesioni personali, per aver aggredito due manifestanti.
Cresciuta a Monza, studentessa del liceo classico Zucchi. Voti altissimi, grande appassionata di storia. Forse quella stessa passione che, alletà di 18 anni, la spinse a fondare Il Boccaccio, centro sociale nel cuore della sua città. In via Boccaccio, appunto, in quella fabbrica abbandonata dove i nazisti avevano fucilato tre partigiani.
Si consumava sui libri e nellimpegno politico, racconta di lei il padre Roberto. Cera anche lui in aula, tra i banchi del pubblico, mentre sua figlia sfilava incatenata ma comunque sorridente. Lui che, raggiunto al telefono, ci ha confermato di essere ancora a Budapest. Non ha mai smesso di lottare e non smetterà. Sua figlia rischia fino a 24 anni di carcere.
Le sue immagini, legata mani e piedi, tenuta con una catena da una guardia mentre affronta la corte ungherese hanno fatto il giro del mondo, finendo così anche sul tavolo della premier. Stretto riserbo su cosa si siano detti i due capi di governo, quel che filtra è che certamente si è trattato di un dialogo nel pieno rispetto della diplomazia. Intanto col passare dei giorni emerge il profilo di questa donna. Fino a un anno fa sconosciuta, balzata agli onori della cronaca nel febbraio scorso quando, durante una manifestazione di estrema destra a Budapest, viene arrestata con laccusa di lesioni personali, per aver aggredito due manifestanti.
Cresciuta a Monza, studentessa del liceo classico Zucchi. Voti altissimi, grande appassionata di storia. Forse quella stessa passione che, alletà di 18 anni, la spinse a fondare Il Boccaccio, centro sociale nel cuore della sua città. In via Boccaccio, appunto, in quella fabbrica abbandonata dove i nazisti avevano fucilato tre partigiani.
Si consumava sui libri e nellimpegno politico, racconta di lei il padre Roberto. Cera anche lui in aula, tra i banchi del pubblico, mentre sua figlia sfilava incatenata ma comunque sorridente. Lui che, raggiunto al telefono, ci ha confermato di essere ancora a Budapest. Non ha mai smesso di lottare e non smetterà. Sua figlia rischia fino a 24 anni di carcere.